Non dire no

Guardo il foglio bianco e mi sento stringere la gola.
L’approdo sicuro in cui svuotare i pensieri e srotolare i sentimenti,
ora mi sembra
una palude infestata.
Come se non potessi liberarmi così semplicemente
dal peso scuro dei momenti fragili.
Ma l’idea di toccare il fondo per risalire non mi è mai piaciuta.
Un po’ perchè gli abissi mi hanno sempre messo paura, ma soprattutto perchè
credo sia proprio nei momenti difficili che si debba rispondere
al richiamo della vita, senza esitare.
Io invece mi sono leccata troppo a lungo le ferite, spaesata e assente.
Ho allontanato i sentimenti, di qualunque genere, per non dover sorridere più.
Senza spiegazioni ho preferito lasciare uno spazio vuoto, egoista indifferente,
almeno in superficie.
Il tempo imposto dal mondo mi stava stretto, così ho smesso di seguirlo.
Mi sono seduta nell’angolo più buio ed ho atteso mettessero la musica che piace a me.
Per ritornare a danzare e per rispondere a quella tacita domanda che sentiamo dentro quando siamo ad un passo dallo sgretolarci:
“Vuoi provare ad essere felice?”
Non dire no
vikbal

Avventura all’interno di un bosco incantato.

Invece è una camminata a tentoni in qualcosa di simile a una palude. Ma più buia.
Mi ricordano che non bisogna smettere di sorridere.
Non lo farò.
Ma l’analisi di quello che sono stata fin’ ora mi impone un attimo di raccoglimento.
Non spiegherò a orecchie voraci i segreti più accesi dei miei giorni.
Sorvolerò con leggerezza sui motivi e le giustificazioni.
Sono molto brava a darmi ottime ragioni.
Mi soffermerò invece su come affrontare ogni istante.
E lo voglio fare apertamente.
Voglio ricordarmi che la delicatezza è forza.
Vorrei lasciare dimenticati in un angolo le barriere e i preconcetti.
I giudizi e gli stereotipi.
Cercare l’essenza, il gusto della cura. In tutto.
Scorderò l’ansia, l’urgenza, la noncuranza.
Apprezzerò un incontro fugace, continuando a sorridere anche quando rimarrò da sola.
Non dimenticherò cosa vuol dire “amore”.
Non consumerò la luce fioca della speranza che ancora abita in me.
Mi destreggerò da sola fra gli imprevisti e i dolori della vita.
Imparerò e stavolta ne farò tesoro
che per essere come sono devo dimenticare tutto ciò che fa male.

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SCRIPTA – l’aperitivo in versi e prosa- terzo appuntamento: “Ispirazione noir”

Trovarsi attorno ad un tavolo. Per ascoltarsi, ascoltare e condividere la propria passione per la scrittura. Per questo incontro il tema è stato “Ispirazione noir”, racconti e pensieri poetici con cui esorcizzare le inquietudini interiori, i pensieri scomodi, le paure. La partecipazione è  stata attiva e coinvolgente, i racconti sono originali, profondi, piacevolmente taglienti e svelano, in modi differenti, sfumature intense delle varie personalità coinvolte. Terminata la lettura nasce spontaneamente uno scambio fra i partecipanti, l’esigenza di approfondire tematiche e progetti personali affinchè si possa creare uno spazio reale, svincolato da fretta e distrazioni, dove trovare confronto, supporto, ispirazione. Si sta formando un gruppo eterogeneo per età, intenti ed interessi, con la voglia e l’entusiasmo per portare avanti un progetto in cui io credo fortemente. Perchè la passione è contagiosa e anche chi solitamente è abituato a lasciare in un cassetto i propri scritti, trova in questi incontri uno spazio aperto, raccolto ed informale, per condividere le proprie emozioni, i sentimenti più intimi.

Se anche tu ami scrivere, ti aspettiamo al prossimo appuntamento, il 4 novembre dalle ore 18.30 c/o The Social Stone, via Gorizia 18. Il tema degli scritti sarà “Solitudine”.
Per qualunque informazione o per prenotare il tuo intervento scrivi a vikyx79@gmail.com o 340.2803321

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fotografie di Dario Tommaseo

SCRIPTA- l’aperitivo in versi e prosa, inaugurazione

23 settembre 2015

Arriva il giorno tanto atteso. Dopo tentennamenti ed incertezze ho finalmente affrontato il momento: leggere i miei testi di fronte ad un pubblico. Cosa che ho cercato sempre di evitare, per non dover affrontare i limiti e le mie paure, per non dover sentire dalle mie labbra quelle parole scritte contenenti tutta la mia essenza. Il momento è arrivato e io non ho più paura. O meglio, sono riuscita a respirare e a fare quel balzo in avanti, un salto ad occhi chiusi per lasciarmi andare.

La partecipazione è raccolta ma attiva, mi sorprendo piacevolmente nel vedere come la scrittura unisca tante anime differenti. Attente. Ho la fortuna di avere al mio fianco Luciana Grillo, competente e sciolta, mi presenta e analizza le tematiche dei miei scritti in un modo chiaro e scorrevole che mi riempie di gratitudine. Vede e racconta cose di me che credevo fossero invisibili.

Io leggo ad alta voce i miei testi e respiro regolare, interpreto un pochino i sentimenti che mi attraversano. Sono me stessa. E mi sento sorridere, perchè il coraggio è finalmente arrivato.

Alcuni presenti leggono i loro scritti, altri assicurano che torneranno al prossimo appuntamento.

La serata si conclude con la performance di Marianna Bertagnolli, una lettura speciale per un interlocutore che diventiamo tutti noi ascoltatori. Le emozioni toccano dentro, se sei pronto ad accoglierle.

Così, finito tutto, mi incammino verso casa e raccolgo pensieri disparati: sono felice, orgogliosa, speranzosa, viva. Non credo ci sia gioia più vera nell’essere completamente dentro a quello che si fa. E ricevere un sorriso complice in cambio.

ma la sfida è continua…ci vediamo il 7 ottobre dalle 18.30 The Social Stone per il secondo appuntamento di SCRIPTA, l’aperitivo in versi e prosa! Per info vikyx79@gmail.com

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23sett5foto by Niccolò Caranti

Sai essere solo quello che vuoi

A piedi nudi continuo a vivere. 
Semplicemente con tutti gli errori nelle tasche.

Scosto a malapena i capelli davanti agli occhi. Ho ancora paura di dormire da sola, lo sai?

Controllo che tutte le finestre siano chiuse, sbarrate. La porta a doppia mandata con le chiavi nella toppa.

Nessun rumore o ticchettìo. La tua sveglia rimarrà a vita nel pensile nell’altra stanza.

E il freddo? Ancora brividi nella notte, nonostante tutto. Cerco lo scialle che mi hai regalato. Non basta.

Sono le assenze che fanno tremare il cuore.

Leggo qualche pagina di un libro che ho già finito. Non voglio sorprese, stasera.

Stropiccio gli occhi con le mani e ricordo. Non ho più pianto da quel giorno.

In cui tu hai messo lo sguardo dentro al mio, imprigionando la mia libertà.

Sai essere solo quello che vuoi.

Non stasera. Spegni la luce.

Il Vuoto mi ha chiamato e avrò da fare per un po’.

Fermo la testa contro il muro, guardando il bianco.

Affondo con le mani nella malinconia di non sapermi bastare.

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Troppo caldo

Pensieri liquidi attraversano la mente.

Troppo caldo per fermarsi a prenderli. Troppo caldo.

Rinfresco la fantasia nei brividi e scivolo dentro ad un cunicolo scuro.

Profumo di legno e cenere. Di resina e sole.

Conoscere i sentieri segnati dei boschi: era un consiglio che avrei dovuto tenere a mente.

Ora è troppo tardi, nell’aria ruvida di notte e tempo silenzioso.

Potrei perdermi fra i rami che come artigli stridono sulla mia pelle chiara.

Non mi sono mai sentita così visibile, spiccante, nel verde nero dei tronchi che sembrano abbracciarsi.

Soffice muschio attutisce il mio cammino sparso: sguardo attento, cuore impavido.

Potrei sciogliermi e e perdermi nel vapore dell’aria, ora gelida.

Percepisco la solitudine del bosco, che non parla.

Muterò come in un sogno e diventerò ricordo.

Per essere forma nei giorni che verranno.

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Lentezza

Faccio spesso un sogno. I miei pensieri viaggiano veloci mentre tutto ciò che mi circonda si muove al rallentatore. Anche i miei movimenti sono incollati, le dita impacciate,le labbra articolano suoni dilatati con le vocali pronunciate come grida di guerra. Vorrei comporre un numero di telefono,ma le dita disegnano frammenti di azione: questa incapacità mi irrita. Sono seduta a terra, a gambe incrociate. Immobile e all’erta. Vorrei alzarmi e scappare via,ma qualcosa di invisibile mi trattiene. Il peso dell’aria mi tiene in basso, immobile e costretta. Irrealtà e nausea si mescolano in un luogo inesistente, me ne rendo conto. Ed è il battito del mio cuore a svegliarmi: ritmo intenso, palpiti che si rincorrono a perdifiato. Ritrovo così il mio letto, tengo gli occhi chiusi e distendo i muscoli di gambe e braccia. Prendo tempo per rendermi conto di dove sono. Poi mi alzo rapida, un’occhiata allo specchio, una mano a ravvivare i capelli. Mi lavo la faccia guardandomi negli occhi. Mi sorrido, senza motivo. Ho sempre vissuto lentamente, ballando sulle note della muscia che piace a me. E’ passato così tanto tempo da sembrare un’altra vita, si dice così. Ma sono ancora la stessa ragazza che quella sera era uscita con un’amica. Eravamo in vacanza in barca e dopo la cena avevamo voglia di andare a ballare. La mia amica, in realtà, avrebbe preferito restare a bordo a leggere,ma si era lasciata contagiare dalla mia allegria. Io ero elettrica, come se sentissi attraverso l’aria un’energia magica, speciale. Era presto quando siamo entrate nel locale, non mi interessava fare le ore piccole. Ci siamo accomodate su un divanetto a bordo pista e abbiamo ordinato due drink alla frutta. Ci guardavamo intorno, scambiandoci battute e chiacchiere, eravamo spensierate. In sottofondo passavano pezzi pop, musica per invogliare i pochi avventori ad entrare in pista. C’era anche un animatore che ballava poco convinto in un angolo, sguardo concentratissimo alla punta delle scarpe. Poi il pezzo è finito, dopo due secondi di silenzio è partita un’altra canzone e io ho sentito un brivido attraversarmi. Ho guardato la mia amica e le ho detto di venire con me a ballare. Ha scosso la testa e mi ha risposto ” Vai tu, io non ne ho voglia”. Avevo le unghie affondate nella pelle del divano, non sapevo che fare. Poi mi sono alzata. Ed il tempo è diventato liquido e vaporoso, come i miei movimenti che mi hanno fatta camminare fino al centro della pista, vuota e semibuia, con qualche luce intermittente che passava dal rosso e sfumava nel blu. Indossavo un paio di sandali marroni, una gonnellina a quadrettini bianchi e rossi e un top corto bianco. Ho iniziato a muovere lentamente il corpo al ritmo morbido del pezzo, gli occhi semi chiusi e la mente altrove. Ho sciolto il tempo come cera, lasciandomela gocciolare addosso, impercettibili movimenti della testa per sentire il solletico dei capelli sulla schiena. Le mani disegnavano figure in aria, il respiro si allargava dentro, un sorriso accennato sulle labbra. Non esistevo più e ogni preoccupazione era altrove. Nulla di quello che accadeva intorno avrebbe potuta sfiorarmi in quel momento. I minuti erano fermi,nessuno respirava mentre solo io ballavo al buio. Quattro minuti di incantesimo in cui ho percepito ogni fibra del mio essere, mi sono sentita e vista per quella che sono. La musica è finita per qualche secondo, ho aperto gli occhi e ne ho trovati molti che mi fissavano muti, quasi sorpresi. Ho raggiunto a passi veloci il mio posto, la mia amica mi guardava senza dire niente. Cosa c’è? Le ho chiesto. Niente, è che…eri stupenda lì in mezzo. E stupenda mi ero sentita anch’io, come se avessi mostrato all’esterno come ero dentro, liberandomi. Ed è per questo che ho fatto della lentezza la mia velocità standard. Perchè, distendendo il tempo, esso diventa mio complice e non più un nemico da combattere. Senza frenesia, assaporando l’istante, pregustando un passo dopo l’altro ciò che accadrà. Per poi viverlo,senza ripensamenti e con tutta l’emozione che sento, anche nelle piccole cose.

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Per portarmi in salvo

Fatta di istinto e sensazioni,incapace di distrarre i pensieri scomodi. Lo sguardo vagava irrequieto, le dita tamburellavano nervosamente sul legno del davanzale. “Ho sempre scelto di essere con te quando ho potuto”. Un loop nauseante piazzato all’altezza dello stomaco mi ricordava il senso della mia partenza. Come la valigia preparata di fretta, riempita senza entusiasmo. Andare altrove per non sentirmi più così vuota. Sono uscita di casa come se fossi in ritardo per un appuntamento inesistente. Il senso del dovere mi ha fatto sempre muovere passi da automa nelle direzioni più disparate. Spesso molto lontane dal mio tragitto legittimo. Vestita di tutto punto per non sfigurare in mezzo alla gente. Consuetudine che applicavo senza esserne davvero convinta. Come sorridere all’autista dell’autobus anche se avrei nascosto lo sguardo per non dover incrociarne nessuno. Mi sforzavo di stare in mezzo alla gente, contenendo sotto pelle il desiderio di mettermi ad urlare. Stanca dell’apparenza così ammaestrata. Del disinteresse elevato a superiorità. Della crudeltà distribuita a piene mani e senza rimorso. Della paura del cuore, delle accelerazioni ingestibili, della sincerità che inchioda al muro. Stavo seduta sul sedile instabile e assecondavo l’ondeggiare del mezzo. Una foglia nel vento. Consolavo mentalmente i pensieri più fragili, quelli travestiti da pagliacci di stracci. Il viaggio non sarebbe durato a lungo. Il paesaggio scorreva fluido oltre i finestrini, il mio respiro regolare appannava la confusione che avevo dentro. Desideravo incontrarti e allo stesso tempo temevo cosa sarebbe stato. Alla fine di questa corsa era fermo il mio destino ed io ero decisa a trovarlo. La strada correva veloce, ma io non guardavo. Ostinata e distratta, come sempre. Dicono che la vita è quello che ti accade mentre stai programmando tutt’altro. Se avessi potuto appuntarlo come promemoria per quella giornata! Invece ignara rimanevo persa nei mie pensieri, soppesando possibilità e lucidando i desideri. Così concentrata da non accorgermi che le trame intricate della vita prendevano forma mio malgrado. L’autobus ha iniziato a sbandare, qualcosa non andava nel controllo dei freni. Non ho avuto nemmeno il tempo di guardarmi attorno prima che il mio lato del veicolo si schiantasse contro il fianco di un edificio. Rumore di vetri in frantumi, urla tutt’attorno. Io ero sbalzata a terra, incastrata sotto una fila di seggiolini, qualcosa di doloroso infilato in un fianco. E in quel momento un unico pensiero ha attraversato la mente: dovevo salvarmi, uscire da quelle lamiere accartocciate. Ho strisciato sulla schiena per cercare di scivolare fuori. Una fitta al fianco sinistro mi ha tolto il fiato. Sentivo un liquido freddo che mi colava addosso, mi sono imposta di non guardare. Sono riuscita a liberarmi ed a rimettermi in piedi, determinata. Ho sempre temuto il dolore fisico e adesso mi scopro coraggiosa come non avrei creduto possibile. Non mi volto nemmeno un attimo, un passo incerto dopo l’altro mi allontano, il dove non mi importa. La notte è lentamente calata come un lenzuolo scuro steso sui dispiaceri della gente. Io al buio mi sento selvaggia, spogliata dai dettagli spinosi del giorno. Sollevo lo sguardo al cielo, le stelle rischiarano l’aria immobile e un silenzio ultraterreno. La gola mi prude, gli occhi lacrimano, le dita artigliano la stoffa dei pantaloni che indosso. Deglutisco in serie suoni gutturali. Poi un ululato. Un latrato simile ad un mio urlo. E poi ancora, con il collo teso e il viso rivolto al cielo. Un animale ferito incapace di arrendersi. L’anima selvatica e salvifica. Perchè dove l’essere umano smette di capire, è lì che l’essenza aspetta. Per portarmi in salvo.

Pubblicato su livingwomen.net

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L’unica certezza

Arriva un punto chiamato senza ritorno.
In quel preciso momento ti guardi attorno e niente sembra a fuoco.
Potrebbe scomparire il mondo e non importerebbe.
La solitudine non mi fa paura. Spaventa invece la crudeltà della leggerezza.
Vivere inutilmente accanto a persone che non hanno occhi come i miei.
Sforzo vano per impossibilità naturale.

Del resto la vita è qui, adesso, e le alternative non sono contemplate.
Ma allora è proprio necessario soffrire?
Eccola, l’unica certezza.
Non c’è giorno in cui non me lo chieda.
E il mio cuore diventa pesante. Foderando le occasioni di un grigio troppo denso.
Così immagino un altro posto. Così simile da sembrare identico.
Eppure irraggiungibile.
Così nascosto, rintanato nell’angolo più protetto delle possibilità.

Estranea, al solito.
Nessun riparo asciutto, poca luce filtra.

Cosa si fa in questi casi, per non impazzire?
Accettasi suggerimenti.
Direttamente dalla realtà.
Quella bella però.

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La scelta

Cercare di mettere le  lettere una in fila all’altra.

Un ordine inesistente

e senza significato.

Scappare

testarda

da pensieri pesanti.

Lasciare andare quello che non ho mai avuto.

Grattano alla gola crudeli unghie

di vita incomprensibile.

E sono momenti.

Da stringere forte nei pugni, fino a farsi  male.

Assorbire forza per prepararsi

ad altre tormente.

E rimango qui

ancora uguale a quella che sono.

Ma come in una di quelle giornate afose

non trovo riparo.

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