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Non dire no
Avventura all’interno di un bosco incantato.
Invece è una camminata a tentoni in qualcosa di simile a una palude. Ma più buia.
Mi ricordano che non bisogna smettere di sorridere.
Non lo farò.
Ma l’analisi di quello che sono stata fin’ ora mi impone un attimo di raccoglimento.
Non spiegherò a orecchie voraci i segreti più accesi dei miei giorni.
Sorvolerò con leggerezza sui motivi e le giustificazioni.
Sono molto brava a darmi ottime ragioni.
Mi soffermerò invece su come affrontare ogni istante.
E lo voglio fare apertamente.
Voglio ricordarmi che la delicatezza è forza.
Vorrei lasciare dimenticati in un angolo le barriere e i preconcetti.
I giudizi e gli stereotipi.
Cercare l’essenza, il gusto della cura. In tutto.
Scorderò l’ansia, l’urgenza, la noncuranza.
Apprezzerò un incontro fugace, continuando a sorridere anche quando rimarrò da sola.
Non dimenticherò cosa vuol dire “amore”.
Non consumerò la luce fioca della speranza che ancora abita in me.
Mi destreggerò da sola fra gli imprevisti e i dolori della vita.
Imparerò e stavolta ne farò tesoro
che per essere come sono devo dimenticare tutto ciò che fa male.
Il desiderio
Non ho mai voluto fare un elenco di ciò di cui avrei bisogno.
Sulla carta il senso diventa necessità.
Ho ignorato spesso anche i pensieri.
Distraendomi
credevo
la mancanza sarebbe stata meno pungente.
E così ho camminato in radure spoglie
controvento.
Ho trovato riparo in grotte umide
di istinto ed impulso
vestita di finzione e pelle.
Diversa da me.
Ho annientato l’urgenza,
cieca a forza.
La seduzione del sogno
agita le mie notti.
Il desiderio non ha abbandonato
la mia sostanza.
Spando colore ad ogni passo,
segno il cammino.
Aspetto il tuo sguardo.
Sai essere solo quello che vuoi
A piedi nudi continuo a vivere.
Semplicemente con tutti gli errori nelle tasche.
Scosto a malapena i capelli davanti agli occhi. Ho ancora paura di dormire da sola, lo sai?
Controllo che tutte le finestre siano chiuse, sbarrate. La porta a doppia mandata con le chiavi nella toppa.
Nessun rumore o ticchettìo. La tua sveglia rimarrà a vita nel pensile nell’altra stanza.
E il freddo? Ancora brividi nella notte, nonostante tutto. Cerco lo scialle che mi hai regalato. Non basta.
Sono le assenze che fanno tremare il cuore.
Leggo qualche pagina di un libro che ho già finito. Non voglio sorprese, stasera.
Stropiccio gli occhi con le mani e ricordo. Non ho più pianto da quel giorno.
In cui tu hai messo lo sguardo dentro al mio, imprigionando la mia libertà.
Sai essere solo quello che vuoi.
Non stasera. Spegni la luce.
Il Vuoto mi ha chiamato e avrò da fare per un po’.
Fermo la testa contro il muro, guardando il bianco.
Affondo con le mani nella malinconia di non sapermi bastare.
Troppo caldo
Pensieri liquidi attraversano la mente.
Troppo caldo per fermarsi a prenderli. Troppo caldo.
Rinfresco la fantasia nei brividi e scivolo dentro ad un cunicolo scuro.
Profumo di legno e cenere. Di resina e sole.
Conoscere i sentieri segnati dei boschi: era un consiglio che avrei dovuto tenere a mente.
Ora è troppo tardi, nell’aria ruvida di notte e tempo silenzioso.
Potrei perdermi fra i rami che come artigli stridono sulla mia pelle chiara.
Non mi sono mai sentita così visibile, spiccante, nel verde nero dei tronchi che sembrano abbracciarsi.
Soffice muschio attutisce il mio cammino sparso: sguardo attento, cuore impavido.
Potrei sciogliermi e e perdermi nel vapore dell’aria, ora gelida.
Percepisco la solitudine del bosco, che non parla.
Muterò come in un sogno e diventerò ricordo.
Per essere forma nei giorni che verranno.
Aspetto un sogno
Un’emozione fresca e dissetante.
Che spezza il fiato per l’intensità.
Raccolgo i brividi
come pioggia scivolano sulla pelle che brucia.
Di sole e di vita che passa.
Trabocco nei palpiti, curiosa mi osservo crescere
e mutare.
Occhi diversi mi guardano sorridere in un riflesso.
E ballando nel riflesso della luna,
accarezzata da una brezza dolce,
aspetto un sogno
Per portarmi in salvo
Fatta di istinto e sensazioni,incapace di distrarre i pensieri scomodi. Lo sguardo vagava irrequieto, le dita tamburellavano nervosamente sul legno del davanzale. “Ho sempre scelto di essere con te quando ho potuto”. Un loop nauseante piazzato all’altezza dello stomaco mi ricordava il senso della mia partenza. Come la valigia preparata di fretta, riempita senza entusiasmo. Andare altrove per non sentirmi più così vuota. Sono uscita di casa come se fossi in ritardo per un appuntamento inesistente. Il senso del dovere mi ha fatto sempre muovere passi da automa nelle direzioni più disparate. Spesso molto lontane dal mio tragitto legittimo. Vestita di tutto punto per non sfigurare in mezzo alla gente. Consuetudine che applicavo senza esserne davvero convinta. Come sorridere all’autista dell’autobus anche se avrei nascosto lo sguardo per non dover incrociarne nessuno. Mi sforzavo di stare in mezzo alla gente, contenendo sotto pelle il desiderio di mettermi ad urlare. Stanca dell’apparenza così ammaestrata. Del disinteresse elevato a superiorità. Della crudeltà distribuita a piene mani e senza rimorso. Della paura del cuore, delle accelerazioni ingestibili, della sincerità che inchioda al muro. Stavo seduta sul sedile instabile e assecondavo l’ondeggiare del mezzo. Una foglia nel vento. Consolavo mentalmente i pensieri più fragili, quelli travestiti da pagliacci di stracci. Il viaggio non sarebbe durato a lungo. Il paesaggio scorreva fluido oltre i finestrini, il mio respiro regolare appannava la confusione che avevo dentro. Desideravo incontrarti e allo stesso tempo temevo cosa sarebbe stato. Alla fine di questa corsa era fermo il mio destino ed io ero decisa a trovarlo. La strada correva veloce, ma io non guardavo. Ostinata e distratta, come sempre. Dicono che la vita è quello che ti accade mentre stai programmando tutt’altro. Se avessi potuto appuntarlo come promemoria per quella giornata! Invece ignara rimanevo persa nei mie pensieri, soppesando possibilità e lucidando i desideri. Così concentrata da non accorgermi che le trame intricate della vita prendevano forma mio malgrado. L’autobus ha iniziato a sbandare, qualcosa non andava nel controllo dei freni. Non ho avuto nemmeno il tempo di guardarmi attorno prima che il mio lato del veicolo si schiantasse contro il fianco di un edificio. Rumore di vetri in frantumi, urla tutt’attorno. Io ero sbalzata a terra, incastrata sotto una fila di seggiolini, qualcosa di doloroso infilato in un fianco. E in quel momento un unico pensiero ha attraversato la mente: dovevo salvarmi, uscire da quelle lamiere accartocciate. Ho strisciato sulla schiena per cercare di scivolare fuori. Una fitta al fianco sinistro mi ha tolto il fiato. Sentivo un liquido freddo che mi colava addosso, mi sono imposta di non guardare. Sono riuscita a liberarmi ed a rimettermi in piedi, determinata. Ho sempre temuto il dolore fisico e adesso mi scopro coraggiosa come non avrei creduto possibile. Non mi volto nemmeno un attimo, un passo incerto dopo l’altro mi allontano, il dove non mi importa. La notte è lentamente calata come un lenzuolo scuro steso sui dispiaceri della gente. Io al buio mi sento selvaggia, spogliata dai dettagli spinosi del giorno. Sollevo lo sguardo al cielo, le stelle rischiarano l’aria immobile e un silenzio ultraterreno. La gola mi prude, gli occhi lacrimano, le dita artigliano la stoffa dei pantaloni che indosso. Deglutisco in serie suoni gutturali. Poi un ululato. Un latrato simile ad un mio urlo. E poi ancora, con il collo teso e il viso rivolto al cielo. Un animale ferito incapace di arrendersi. L’anima selvatica e salvifica. Perchè dove l’essere umano smette di capire, è lì che l’essenza aspetta. Per portarmi in salvo.
Pubblicato su livingwomen.net
L’unica certezza
Arriva un punto chiamato senza ritorno.
In quel preciso momento ti guardi attorno e niente sembra a fuoco.
Potrebbe scomparire il mondo e non importerebbe.
La solitudine non mi fa paura. Spaventa invece la crudeltà della leggerezza.
Vivere inutilmente accanto a persone che non hanno occhi come i miei.
Sforzo vano per impossibilità naturale.
Del resto la vita è qui, adesso, e le alternative non sono contemplate.
Ma allora è proprio necessario soffrire?
Eccola, l’unica certezza.
Non c’è giorno in cui non me lo chieda.
E il mio cuore diventa pesante. Foderando le occasioni di un grigio troppo denso.
Così immagino un altro posto. Così simile da sembrare identico.
Eppure irraggiungibile.
Così nascosto, rintanato nell’angolo più protetto delle possibilità.
Estranea, al solito.
Nessun riparo asciutto, poca luce filtra.
Cosa si fa in questi casi, per non impazzire?
Accettasi suggerimenti.
Direttamente dalla realtà.
Quella bella però.
La scelta
Cercare di mettere le lettere una in fila all’altra.
Un ordine inesistente
e senza significato.
Scappare
testarda
da pensieri pesanti.
Lasciare andare quello che non ho mai avuto.
Grattano alla gola crudeli unghie
di vita incomprensibile.
E sono momenti.
Da stringere forte nei pugni, fino a farsi male.
Assorbire forza per prepararsi
ad altre tormente.
E rimango qui
ancora uguale a quella che sono.
Ma come in una di quelle giornate afose
non trovo riparo.
Lo sanno tutti
Non bisogna sprecare tempo.
Ce n’è così poco!
Possiamo buttarlo via fingendo di essere altrove.
Interpretando, a perdere, un ruolo tanto diverso,
con la complicità della paura e dei limiti,
costruendo alibi che valgano una vita.
Ma chi ha il coraggio di nutrirsi di vividi rimpianti?
Io ho bisogno di credere che i sogni coloreranno i giorni uguali ai giorni
e che l’amore saprà essere risate e lacrime.
Che il male rivelerà un qualche senso, alla fine.
Nella solitudine troverò la forza
di spolverare la libertà
di un volo oltre le cime
dei limiti imposti.
E stare in silenzio, lontana, ma con te,
sarà tempo speso.
Per noi.
Qui.
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